Fisica Ruote ad Acqua e Turbine.

Turbina Pelton

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Fisica Ruote ad Acqua e Turbine

PRESENTAZIONE

Il primo modo in cui l'uomo ha sfruttato la corrente dei fiumi è stato sicuramente per trasportare grossi oggetti galleggianti come i tronchi, oppure se stesso e gli animali, utilizzando delle zattere.

Ancora oggi, soprattutto in Canada, paese di foreste e fiumi, i tronchi abbattuti sono gettati in acqua, riuniti in enormi isole galleggianti e quindi rimorchiati a destinazione con l'aiuto della corrente; in Francia, Belgio, Germania e anche nel nostro paese migliaia di tonnellate di merce viaggiano su chiatte trasportate dalla corrente.

L'altra grande applicazione dell'energia idrica che doveva impegnare i più geniali inventori dell'antichità riguardava la irrigazione dei campi.

Per far arrivare acqua in zone aride situate più in alto di sorgenti e fiumi, progettarono macchine per pompare o sollevare l'acqua fino ai canali di irrigazione.

La macchina più semplice era e resta il secchio: con ogni probabilità, i nostri progenitori attingevano l'acqua dai fiumi e la portavano a braccia sino ai canaletti di irrigazione.

Si tratta di un sistema scomodo e poco efficiente; qualcuno pensò allora di attaccare il secchio all'estremità di un braccio oscillante, mentre un contrappeso, applicato dalla parte opposta, ne bilanciava il peso.

Questa macchina rudimentale si chiamava shaduf ed è ancora in uso presso le popolazioni che vivono lungo le sponde del Nilo.

Altri congegni a forma di ruota sostituirono lo shaduf: per esempio il timpano, una grossa ruota cava, il cui interno era diviso in sezioni spiraliformi: girando, l'acqua penetrava nelle sezioni attraverso delle aperture e veniva sollevata e convogliata verso il centro dove usciva dal foro del mozzo.

La vite di Archimede era invece costituita da un tubo avvolto intorno ad un cilindro il cui asse era di poco angolato rispetto alla superficie dell'acqua.

Il funzionamento era molto semplice e sfruttava la forza centrifuga: il cilindro, la cui parte inferiore era immersa nell'acqua, ruotando faceva avanzare il liquido lungo il tubo e ne permetteva la fuoriuscita dall'estremità più alta.

Sia il timpano che la vite di Archimede dovevano essere azionate dall'uomo o dagli animali e consentivano di superare dislivelli modesti.

Finalmente qualcuno ebbe l'idea di utilizzare la stessa corrente del fiume: la noria era una grande ruota di legno dotata lungo tutta la sua circonferenza di secchi e di pale: i primi raccoglievano l'acqua, mentre le seconde facevano girare la ruota.

Quando il secchio arrivava in alto, si piegava e versava il suo prezioso contenuto in apposite canalette.

La noria funzionava giorno e notte, e sollevava grandi quantità d'acqua ad altezze notevoli.

Macchine simili funzionavano già durante l'epoca di Cristo.

Una volta perfezionata questa tecnica, alle ruote ad acqua si accoppiarono le pesanti macine dei mulini da frumento, che svolgevano la loro azione per mezzo di assi ed ingranaggi.

Le macine che rifornivano l'impero romano funzionavano già ad acqua.

Durante il medioevo le macchine ad acqua vennero perfezionate ulteriormente.

In quegli anni si registrarono i primi tentativi di sfruttare la caduta di un corso d'acqua per ottenere maggiore energia e fu inventata la ruota idraulica orizzontale, progenitrice delle più moderne turbine, alla quale l'acqua arriva spinta con violenza attraverso un condotto.

Altri utensili vennero fatti funzionare con l'energia idrica: seghe, mantici, martelli, ecc.

Lungo i corsi d'acqua, grandi e piccoli che fossero, sorsero i primi opifici e le prime modeste aziende.

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LE TURBINE

Malgrado le continue migliorie, le vecchie ruote ad acqua non erano capaci di buoni rendimenti; l'acqua scorreva tra le pale e molta dell'energia non veniva utilizzata.

Si pensò allora di modificare la forma delle pale, inclinandole opportunamente, e di incamiciare la ruota (ora detta girante) in una cassa in modo tale che ogni goccia d'acqua fosse costretta a colpirla: il risultato fu la turbina.

La prima turbina che ottenne un discreto successo fu quella ideata nel 1823 da un giovane ingegnere francese, Benoit Fourneyron: l'acqua cadeva dall'alto parallelamente all'asse verticale della girante, e il violento flusso veniva deviato da una serie di pale fisse curve.

A questo punto, passava attraverso una serie di pale mobili curvate in senso contrario rispetto alle prime e collegate all'albero da una intelaiatura sotto il fondo.

L'energia ottenibile da una turbina simile era enorme se paragonata a quella prodotta da una ruota con la stessa superficie di pale.

Dagli inizi del secolo scorso fino ai nostri giorni sono state costruite turbine diverse per forma e struttura.

Sostanzialmente questi apparecchi si possono suddividere in turbine ad alimentazione radiale, quando l'acqua scorre verso l'asse della girante oppure dall'albero verso la periferia della girante, e in turbine ad alimentazione assiale, quando l'acqua scorre parallela all'albero.

Le turbine oggi più usate sono quelle di Francis, Kaplan e Pelton che prendono il nome dai loro rispettivi ideatori.

La turbina Francis assomiglia a quella di Fourneyron, solo che l'acqua scorre radialmente verso il centro; prima di arrivare alle pale mobili, il flusso viene deviato da pale fisse disposte intorno alla girante.

Nella turbina di Kaplan, molto simile all'elica di una nave, l'acqua scorre parallela all'asse di rotazione della girante.

In generale si può dire che modificando l'angolo delle pale rispetto al flusso, si ottiene l'ottimizzazione del rendimento a seconda della portata di alimentazione.

La turbina Kaplan viene usata dove esiste molta acqua e una corrente debole.

Al contrario, la turbina Pelton è stata ideata per sfruttare flussi molto veloci ed eventualmente poveri d'acqua.

Delle turbine viste finora, la Pelton è quella che più si avvicina, per forma, alle vecchie ruote ad acqua; il getto viene diretto verso le pale che in sostanza sono costruite come cucchiai affiancati.

Prima di essere accoppiate con generatori per produrre energia elettrica, le turbine non vennero utilizzate che sporadicamente.

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Turbina idraulica Pelton ad asse orizzontale

Turbina idraulica Pelton ad asse orizzontale

Schema di turbina idraulica Pelton ad asse verticale

Schema di turbina idraulica Pelton ad asse verticale

Schema di turbina idraulica Francis

Schema di turbina idraulica Francis

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LO SFRUTTAMENTO ENERGETICO DELLE MAREE

Il fenomeno delle maree, dovuto ad un gioco di attrazioni reciproche che coinvolge la Terra, il Sole e la Luna, ha sempre incuriosito i grandi scienziati che, sin dai tempi più remoti, si sono posti il problema di come poter sfruttare la grandissima mole di energia prodotta dalle onde che si infrangono contro la terraferma.

Tentativi di sfruttamento si sono già avuti nell'antichità, con l'impianto di mulini azionati dall'acqua delle maree; ma naturalmente i sogni dell'uomo moderno sono molto più ambiziosi.

Progetti grandiosi sono già stati ipotizzati, soprattutto in Francia, ma non portati appieno a termine a causa dei molteplici ostacoli; sia in campo finanziario (a causa dell'elevatissimo costo), sia in campo tecnico.

Ad esempio sarebbe necessario avere a disposizione una turbina che sappia lavorare in entrambi i sensi, per sfruttare al meglio sia l'acqua entrante nel bacino artificiale in periodo di alta marea, sia l'acqua in uscita nel periodo di bassa marea; le turbine normalmente utilizzate per le centrali idroelettriche non risultano però idonee a questo scopo, in quanto lavorano solo in un senso.

Gli scienziati francesi hanno calcolato che lo sbarramento della baia francese del Mont Saint Michel fornirebbe energia elettrica pari a un quarto dell'intero fabbisogno nazionale! Naturalmente lo sfruttamento delle maree risulta estremamente vantaggioso per gli Stati affacciati sugli oceani, in quanto le maree nei mari chiusi, come il Mediterraneo, sono notevolmente più deboli.

La baia canadese di Fundy è il punto della Terra in cui l'escursione delle maree tocca i vertici più alti: tra la bassa e l'alta marea c'è un dislivello medio di 15 metri e, in casi eccezionali, persino di 19 metri; presso Porto Gallegos (Argentina) l'escursione media è invece di 14 metri con punte massime di 18.

Lo sfruttamento della tremenda forza del mare sarebbe certamente un toccasana per l'industria moderna, sempre alla ricerca di energia a basso costo.

Panorama di Mont Saint-Michel

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